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CODCAST CHANNEL
We craft many minimal stories because emotions are the fuel of a meaningful life
WORDS
1 Scrittura non banale. Scrittura a pagamento. Sceneggiatura presentazioni.
2 Retorica: interessare, emozionare, insegnare.Autorevolezza.
3 Espressività. Linguaggi non verbali. Tecniche teatrali.
4 Dialettica. Relazioni interpersonali. Gestione dei conflitti. Teaming. Team Building.
5 Oratoria. Public speaking. Eventi. Streaming. Consulenza politica.
6 Comunicazione. Distribuzione organica. Passaparola. Gruppi.
7 Formazione. Educazione. Classi. Sviluppo psichico.
8 Stabilire rapporti, non imporre slogan.
INTRO
Scopo della comunicazione è stabilire rapporti, non imporre slogan
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L’innata vanità, particolarmente suscettibile per ciò che riguarda l’intelligenza, non vuole accettare che quanto da noi sostenuto in principio risulti falso, e vero quanto sostiene l’avversario. Ne deriva che, di regola, chi disputa non lotta per la verità, ma per imporre la propria tesi, come pro ara et focis [per la casa e il focolare], e procede per fas et nefas [con mezzi leciti e illeciti], perché, come si è mostrato, non può fare diversamente.”

Così scrive Arthur Schopenhauer nel sua opera sulla dialettica “L’arte di avere ragione” spalancando la pregiata anta di noce dell’armadio della personalità in cui si nascondono amanti, polveri, nemmeno tanto sottili, taluni scheletri e molti abiti fuori moda, alcuni ancora con il cartellino attaccato. Arthur è convinto che la vera forza interiore dell’essere umano sia la sua fisiologica cattiveria, il che spiegherebbe, in effetti, come la nostra specie sia riuscita a dominare sulla terra e, su quella via, a sterminarne varie altre nella più completa indifferenza, anzi con ampie giustificazioni, ne è così convinto, dicevo, che attribuisce un nuovo significato al termine “dialettica”, passando da “Strumento di indagine della verità”, come innocentemente l’aveva pensata il magno greco Zanone, ad “Arte di imporre la propria verità”.

“l'umano è cattivo”
  Seguendo un po’ le vicende del nostro Parlamento, e, ahimè, anche del Senato, risulta difficile non dare ragione a Schopenhauer. Prendiamo il caso dei parlamentari ignoranti. In un gustoso articolo L’Espresso ne fa la conta, basandosi sul numero di laureati, e non ne esce un quadro onorevole per gli onorevoli. Ora, possiamo indignarci, ed è certamente una reazione comprensibile, o gustarne l’aspetto comico, seguendo le numerosissime gaffe disponibili sui media, ma non possiamo negare il fatto (e dico “fatto”, non “opinione”, si badi bene) che chi ci rappresenta è stato eletto da noi, da me, da te che leggi, dal popolo. Metaforicamente, si intende; perché “io ho votato giusto!”, e anche tu avrai votato giusto, immagino; i presenti vanno esclusi di rito, perché sono gli “altri” che hanno sbagliato, in pieno accordo con quanto suggerito dalla voce della vanità, da non confondersi con la spesso citata “voce della verità” (fateci caso: quante volte la verità è menzionata dalla vanità?).

“homo sapiens”
  La storia più affascinante mai scritta è quella dell’uomo. È affascinante per via del soggetto, l’uomo, che si proclama razionale e logico, ma è controllato dalle sue emozioni. Tanto per fare un esempio, l’uomo è controverso perché pur dotato di giudizio, si affida al pre-giudizio per formare le sue opinioni e per prendere, poi, le sue, talvolta drammatiche, decisioni. E questo fenomeno non accade per scelta, o per difetto, ma per fisiologia: ci siamo evoluti così, in nome dell’efficienza, per consentire al nostro meraviglioso cervello di stabilire, in pochi secondi, al primo incontro con uno Smilodonte [una tigre dai denti a sciabola, per intenderci], mai visto prima, se il colorato e morbido animale, così diverso, per dire, dall’inquietante Sarcosuchus Imperator [tipo un coccodrillo preistorico, comunque un animale brutto brutto] appartenga alla categoria “ma che bel gattone che sei” oppure a quella “macchina da sterminio”. Insomma il pregiudizio è un sorta di coprocessore matematico, che accelera le funzioni cerebrali, progettato per salvarci la vita, ma vai a pensare che poi avrebbe prodotto i negri e gli juventini.

  Ecco dunque spiegato perché ci siam fatti convincere a eleggere in rappresentanza del popolo italiano qualche negazionista, una paio di pornostar, un buon numero di indagati, una vasta serie di nemici del congiuntivo, una pletora di soggetti prevedibilmente determinati a farsi i casi loro, ma anche un sorprendente drappello di salvatori della patria, talebani dell’ecologia, del populismo, del cambiamento, tutti rigorosamente evangelisti del “perché lo chiedono gli italiani!”, anche se poi in parlamento rappresentano il 20%, il 15, il 7, il pocopercento degli italiani. Una caratteristica comune, i nostri politici ce l’hanno: scarsissime conoscenze dell’inglese, o di qualunque altra lingua straniera, e quandanche ne conoscano vagamente la grammatica resta tassativo per loro mantenere inalterato, nella pronuncia, l’accento e le inflessioni dialettali e che qualunque fonema diverso da quelli propri della lingua italiana venga traslitterato (They are - SZei ar, Whater – Vater, ecc.), così che i tratti distintivi dell’italianità vengano preservati anche nella denegata ipotesi che si debbano intrattenere rapporti con l’estero.

“codcast italia”
  Il qui presente estensore, parlando anche a nome di chi spende la sua quotidianità in Codcast Italia, ha stabilito ormai molti anni fa di osservare e riflettere delle bizzarrie appena accennate qui sopra, per migliorare il suo autocontrollo, per riconoscere le trappole tese dai processi cognitivi, per costituire attraverso l’esperienza una competenza che possa essere condivisa con altri, a partire dai più giovani, e questo nella speranza di favorire la costituzione di solidi rapporti fra esseri umani governati dalla ragione come alternativa alle sottili arti di persuasione descritte nell’opera di Schopenhauer.

  Chiunque può pensare meglio e parlare meglio, ma non sarebbe meglio se lo scopo di questa retorica fosse far emergere la verità, trovare un accordo soddisfacente per tutti, consolidare le relazioni costruendo rapporti di fiducia, oltrepassare la vanità e arrivare ad ammettere di avere, diononvoglia, solo qualche volta, torto? Mostrarsi vulnerabili è la spina che connette le persone; l’umiltà è il primo presupposto alla formazione di rapporti franchi e duraturi.

  “Scopo della comunicazione è stabilire rapporti, non imporre slogan.” Daniele Belloli, Codcast Italia.
DIAPO
Meglio nessuna diapositiva che diapositive scadenti
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Meglio Nessuna Diapositiva che Diapositive Scadenti.
Quando comincio a lavorare a una presentazione mi domando: “Le immagini sono fondamentali per spiegare quello che voglio dire? E se sì, come posso combinarle al meglio con le mie parole, in modo che lavorino insieme, in modo potente?”

Per il pubblico è difficile seguire l’oratore e le diapositive contemporaneamente, come dice Tom Rielly, speaker di TED: “Con un discorso e le diapositive, si hanno due flussi di output cognitivo che corrono in parallelo. L'oratore ha bisogno di fondere entrambi i flussi in un mix. Parlare di fisica teorica ha un alto carico cognitivo. Lo stesso vale per una diapositiva con dozzine di elementi. In queste circostanze, il cervello del pubblico deve decidere se concentrarsi sulle vostre parole, sulle vostre diapositive o su entrambe, ed è per lo più un atto involontario. Quindi dovete progettare voi dove va l'attenzione e assicurarvi che un alto carico cognitivo su una diapositiva non combatta con quello che state dicendo.

Preparare un discorso richiede l’applicazione di uno schema preciso, come ben sanno gli speaker di TED. (Altrimenti è un peccato!)

Per informazioni scrivete a sceneggiature@codcast.it.

“Presentare”
  Supponiamo, ora, che abbiate il filo conduttore e il contenuto del discorso e che abbiate tessuto insieme il mix artistico di connessione, narrazione, spiegazione, persuasione e rivelazione. E poi? È il momento di portare in strada lo spettacolo.

  Nel 21° secolo abbiamo la capacità di integrare la narrazione con una serie abbagliante di tecnologie che, utilizzate bene, possono portare un discorso a un livello completamente nuovo: fotografie, illustrazioni, tipografia, grafici, infografiche, animazione, video, audio, simulazioni di big data.

  Tutto ciò può aumentare sia il potere esplicativo di un discorso che il suo fascino estetico. Nonostante questo, la prima domanda da porsi è se tutto questo sia effettivamente necessario. È sorprendente come almeno un terzo dei discorsi di TED più visti non fanno alcun uso di diapositive. Come può essere? Sicuramente un discorso con immagini sarà sempre più interessante di un semplice discorso. Beh, in realtà no. Le diapositive spostano almeno un po' di attenzione dall'oratore allo schermo.

  Se l'intero potere di un discorso è nella connessione personale tra l'oratore e il pubblico, le diapositive possono effettivamente ostacolarlo. Se il nucleo del vostro discorso è intensamente personale o se avete altri espedienti per ravvivare il vostro discorso come l'umorismo o storie vivide, allora è meglio dimenticare le immagini e concentrarsi solo sul parlare personalmente al pubblico. E per ogni oratore è vero quanto segue: non avere alcuna diapositiva è meglio che avere diapositive scadenti.

  Detto questo, la maggior parte dei discorsi beneficia di grandi diapositive e, per alcuni discorsi, le immagini sono la differenza tra successo e fallimento. Quindi, quali sono gli elementi chiave per una presentazione forte. Rientrano in tre categorie: rivelazione, potere esplicativo, appeal estetico. Trattiamo queste categorie una per una.

“Rivelazione”
  La necessità più ovvia di usare le immagini è semplicemente mostrare qualcosa che è difficile da descrivere. Edith Widder faceva parte della squadra che per prima catturò le immagini del calamaro gigante in un video. Il suo intero discorso è stato costruito intorno a quel momento di rivelazione. Quando l'incredibile creatura è apparsa sullo schermo il pubblico è saltato sulle sedie. Ma l'uso delle immagini per rivelare non deve essere così drammatico. La chiave è impostare il contesto, preparare il pubblico e poi BAM, lasciare che le immagini facciano la loro magia, farle scorrere a tutto schermo con il minimo ornamento.

“Potere Esplicativo”
  Spesso le migliori spiegazioni riescono quando le parole e le immagini lavorano insieme. La nostra mente è un sistema integrato. Gran parte del nostro mondo è immaginato visivamente. Se vogliamo davvero spiegare qualcosa di nuovo, spesso il modo più semplice e potente è mostrare e raccontare. Ma perché questo funzioni ci deve essere un'aderenza convincente tra ciò che si racconta e ciò che si mostra. A volte, un oratore che colpisce il pubblico con una diapositiva di immensa complessità, forse, sta inconsciamente cercando di impressionare con la pura portata e le sfumature del suo lavoro. Mentre continua a sfornare parole, il pubblico scruta disperatamente la diapositiva cercando di capire come abbinare ciò che viene detto con ciò che sta guardando.

  La chiave per evitare questa situazione è limitare ogni diapositiva a una sola idea centrale. Tom Rielly descrive la gestione del carico cognitivo. Ecco Tom: "Con un discorso e le diapositive si hanno due flussi di output cognitivo che corrono in parallelo. L'oratore ha bisogno di fondere entrambi i flussi in un mix. Parlare di fisica teorica ha un alto carico cognitivo. Lo stesso vale per una diapositiva con dozzine di elementi. In queste circostanze, il cervello del pubblico deve decidere se concentrarsi sulle vostre parole, sulle vostre diapositive o su entrambe, ed è per lo più un atto involontario. Quindi dovete progettare voi dove va l'attenzione e assicurarvi che un alto carico cognitivo su una diapositiva non combatta con quello che state dicendo".

“Appeal Estetico”
  Se il vostro obiettivo è un'idea chiave per ciascuna diapositiva, allora ha senso considerare se possa essere fatto qualcosa di meglio sulle diapositive per evidenziare il punto che state cercando di sottolineare. Questo è particolarmente vero con i grafici e le tabelle. Se state parlando di come le precipitazioni a febbraio siano sempre maggiori di quelle di ottobre e mostrate un grafico delle precipitazioni annuali, perché non fare al pubblico il regalo di evidenziare febbraio e ottobre con colori diversi? E se poi andate avanti a fare il confronto tra marzo e novembre, fatelo con un grafico separato o su una diapositiva separata che evidenzi quei mesi. Non lasciate tutto stipato sulla stessa diapositiva.

  Quelle classiche diapositive di PowerPoint con un titolo seguito da più punti elenco di frasi lunghe sono il modo più sicuro per perdere del tutto l'attenzione del pubblico. Forse è meglio che ogni punto elenco diventi una diapositiva, e che molte frasi siano ridotte a una sola frase, o vengano sostituite da un'immagine, o vengano eliminate del tutto.

  Anche quando una diapositiva tecnica è semplice può indirettamente rubarvi la scena. Invece di una diapositiva che dice: "Un buco nero è un oggetto così massiccio che la luce non può sfuggire da esso", fareste meglio con una che dice: "Quanto è nero un buco nero?" per poi dare le informazioni di quella diapositiva parlando. In questo modo, la diapositiva stuzzica la curiosità del pubblico e rende le vostre parole più interessanti, non meno.

“Cosa ne pensate?”
  È abbastanza semplice. Lo scopo principale delle immagini non può essere quello di comunicare parole. La vostra bocca è perfettamente in grado di farlo. Lo scopo è quello di condividere cose che la vostra bocca non può fare così bene. Fotografie, video, animazioni, KeyData. Usato in questo modo, lo schermo può spiegare in un istante ciò che altrimenti potrebbe richiedere ore.

  L’evangelista delle immagini esplicative è Hans Rosling. Non tutti possono essere Hans Rosling, ma tutti possono almeno porsi la domanda: "le immagini sono fondamentali per spiegare quello che voglio dire? E se sì, come posso combinarle al meglio con le mie parole, in modo che lavorino insieme, in modo potente?”

  Una volta che avete un piano per le vostre immagini, quello è il momento di tornare alle parole e capire come trasformarle in un discorso integrato.
CLASSE
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Spiegati Meglio! Classe di Scrittura, Retorica ed Espressione.
Il fine principale di uno che parla è quello di essere creduto, che la sua argomentazione sia condivisa e le sue affermazioni convincenti.

Come guadagnare l'attenzione dei nostri ascoltatori? Come fargli comprendere il nostro punto di vista? E come evitare che il loro giudizio su di noi sia vittima del pregiudizio? Molti adulti non hanno una risposta per queste tre domande, nonostante abbiano certamente avuto almeno un'occasione nella vita di rammaricarsi di non aver saputo esprimere autorevolmente la propria opinione. E i giovani? I giovani versano in una condizione anche peggiore: mancano di un vocabolario ricco, sono schiavi di uno slang che, se rende fighi quando usato fra coetanei, non è di alcun aiuto negli appuntamenti della vita, come le interrogazioni, gli esami, i colloqui di lavoro, ma soprattutto, non sono minimamente preoccupati dalla loro improprietà di linguaggio. Semplicemente, non ne comprendono l'importanza perché nessuno gliel'ha spiegata.

Chi, al contrario, da questa condizione è molto preoccupato è il gruppo di adulti, già genitori, autori di questo corso. Pensano ai propri figli, dipendenti dagli intercalari, e pensano all'attuale contesto scolastico che non prevede la minima formazione allo scrivere, né al dire. Imparare a esprimersi con autorevolezza è possibile; esistono regole che governano il dire, ben note fin dall'antichità. Cicerone, maestro di eloquio, definiva così i 3 obiettivi della retorica: movere, delectare, docere; interessare, emozionare, insegnare.

Di queste regole e di altri aspetti dell'eloquio parleremo in questa classe, anche attraverso numerosi esempi. Frequentare la classe sarà d'aiuto agli studenti a controllare il proprio modo di scrivere, di esprimersi e di comportarsi di fronte a qualunque pubblico, in modo tale da apparire autorevoli, per ottenere il massimo da ciò che sanno, e controllare il giudizio di chi li ascolta, evitando così di cadere nelle trappole tese dai sentimenti avversi, dalle emozioni e dai pregiudizi degli altri.

Gli studenti di questo corso impareranno a scrivere storie e a raccontarle al pubblico, sia questo composto da un insegnante come da una platea di amici. Se pensate che i temi dei vostri figli siano brillanti (o le vostre presentazioni! Come ve la cavate con lo scritto?) non avete bisogno di questo corso. Se, invece, al ricordo dell'ultimo tema avete alzato gli occhi al cielo in cerca di una musa pietosa che ispiri i vostri ragazzi, possibilmente prima della prossima verifica di italiano, una musa capace di far uscire dalle penne di chi amate (o dalle vostre), storie interessanti, avvincenti, autentici doni per chi ascolta, allora considerate questa classe: potrebbe essere una soluzione assai più pragmatica.

Perché vi parlo proprio di storie? Le storie sono un modo speciale di comunicare, in grado di mettere in contatto l'autore con il pubblico, di creare un legame forte fra chi parla e chi ascolta. Le storie sono un modo potente per connetterci con l'auditorium perché risuonano nel profondo degli esseri umani.

Ma che cos'è una storia? Troppo spesso siamo vittime di quello che in classe chiamiamo "il pensiero egoista", un pensiero che pone l'oratore al centro della sua stessa riflessione (beh, del resto è la sua); il pensiero di chi ha sé stesso per protagonista probabilmente genererà una storia noiosa. Seth Godin, il guru della comunicazione, in un suo famoso intervento durante una conferenza TED, ha simpaticamente notato come le e-mail andrebbero chiamate "me-mail". E, ahimè, il gigantesco numero di messaggi, di video, di testi spazzatura che riempie il web è una prova di questa asserzione. Lo "storytelling" è di moda, ma una storia non è semplicemente un racconto, ci sono precise regole da seguire, e la prima e più importante è: "deve essere un dono, deve lasciare qualcosa a chi l'ascolta, qualcosa che possa portarsi via".

“spiegati meglio!”
Classe Spiegati Meglio

Questo corso insegna un metodo pratico perché la storia possa diventare il modo con cui comunicare il proprio pensiero e restare nella memoria del nostro pubblico. Gli studenti impareranno a scrivere una storia e a raccontarla. Gli studenti impareranno a creare un legame con il pubblico.

Il corso è articolato in 6 lezioni on-line della durata di circa 30 minuti:
1. una storia deve essere un dono (le regole per scrivere in modo non banale e pensando agli altri),
2. la proprietà di linguaggio (gli intercalari distruggono la reputazione),
3. controllare la propria voce,
4. l’espressività e i linguaggi non verbali (il corpo parla),
5. come presentare (come realizzare slide che non distraggono e come usarle in modo teatrale),
6. conoscere l’Altro (le funzioni psichiche autonome che influenzano involontariamente il giudizio su di noi).


A chi è rivolto. Il corso è pensato per studenti delle scuole secondarie di ogni grado e per studenti universitari. Nel corso si affrontano specificamente tematiche utili a chi deve sostenere esami, presentare tesi o sostenere colloqui di lavoro.

Google Classroom è la piattaforma scelta per veicolare il corso. Per accedervi è necessario essere in possesso di un account Google.

Costi. La partecipazione alla classe è gratuita. Iscrivendovi potrete entrare in contatto con i docenti e gli altri studenti, scambiare informazioni, chiedere pareri. Potrete anche scaricare liberamente il materiale del corso. Per partecipare alle lezioni on-line e alle esperienze di gruppo (esercizi, prove generali, consigli su specifiche presentazioni, temi o tesi) è richiesto un contributo una tantum di 54 euro iva inclusa.

Qui di seguito il link di invito al corso: clicca qui (codice corso: emj5myt)

Per ulteriori informazioni scrivete a segreteria@codcast.it
ABOUT
“Le presento Silvia Loverso, Mirco Caradonna, Annamaria Baroglio, Corrado Delrio e qui c’è Giancarlo Pierofreddi, il nostro direttore delle risorse umane”.

Dimenticati. Tutti. In 2 minuti.

Siamo fatti così, fatti per dimenticare immediatamente la maggior parte delle informazioni che ci pervengono, un chiaro segno di sfiducia del cervello nei nostri confronti, come dicesse: “mica sono scemo, mica mi faccio riempire di tutte quelle fesserie che raccogli ogni minuto”.

“psicologia”
Siamo fatti così. Tutti. Allora, e scusate se dico una banalità, non varrebbe la pena di tenere in debita considerazione la fisiologia del nostro cervello nella fase di creazione del nostro pensiero, di stesura dei nostri testi, delle nostre presentazioni, dei nostri discorsi? Non ne verrebbe fuori una pratica comunicativa più efficiente, se tenessimo conto delle difficoltà del nostro ascoltatore a comprendere?

  Conoscere i meccanismi cognitivi è di fondamentale importanza per comunicare con l’Altro, quello che in antropologia viene scritto con la “A” maiuscola per sottolinearne la presenza di una personalità. E fra tutte le descrizioni funzionali della nostra psiche, quella che amiamo di più è stata messa a punto dallo psicologo israeliano Daniel Kahneman, incidentalmente premio Nobel nel 2002. Geniale, comprensibile, utile.

  In Codcast scriviamo storie dirette al pensiero intuitivo, tenendo conto dei bias cognitivi ed evitando quando possibile il pensiero razionale; in quest’ordine. Non avete la più pallida idea di cosa stia dicendo, lo so, perché questa storia vorrebbe coinvolgere il vostro “Cervello 2”, il vostro pensiero razionale, quello più costoso, energeticamente parlando, quello che il cervello usa solo se c’è n’è davvero bisogno.

  Quanto fa 2x2? Nella vostra testa c’è un "4" bello nitido: pensiero intuitivo, rapido, poco costoso. E quanto fa 17x24?

  Oh, oh! Che succede? Come mai non appare magicamente la soluzione come per la precedente operazione? Perché è più complessa? Il tempo passa, state proseguendo nella lettura, ma non fate il calcolo. Eppure, non è così difficile. Potreste farlo a mente senza problemi, ma anche con carta e penna, o con una calcolatrice, nessuno vi controlla, non siete a un esame. Parole, parole, parole, e voi non avete ancora fatto il calcolo. Perché preferite continuare a leggere invece di effettuare il calcolo?

  Il fatto è che non avete nessun valido motivo per avviare il vostro “Cervello 2”, quello diesel, lento ma robusto, quello razionale, che ragiona sequenzialmente, passo dopo passo, lentamente e sicuramente. Voi state aspettando che ve lo dica io dove voglio andare a parare, che vi spieghi l’arcano in parole semplici, perché non volete passare dal pensiero intuitivo, poco impegnativo, a quello razionale, faticoso.

  Fa 402.

  La moltiplicazione contiene 17, un numero orrendo, spaventoso, ma contiene anche 24, cioè (10+2)x2. Scritta così 17x(10+2)x2, la moltiplicazione lascia intendere che per risolverla bisogna moltiplicare per 10 e per 2, due operazioni facili che possono essere fatte a mente. Cioè, la moltiplicazione poteva essere fatta, ma il vostro “Cervello 2”, il cervellone, non ne ha voluto sapere di partire perchè non ha giudicato la condizione "necessaria".

  Ah, vi ho imbrogliato. Non fa 402, ma 408. Se non ve ne siete accorti, non solo il vostro “Cervello 2” è proprio un bel pigrone, ma siete anche vittime di bias cognitivi, tendenze sistematiche che affliggono il “Cervello 1”, quello intuitivo, rapido, ma impreciso, tendenze che conducono a giudizi sommari, talvolta sbagliati (e spiegano l’esistenza dei terrapiattisti).

  Chi lo sa, di questa e di altre bizzarrie della nostra splendida mente, se ne avvantaggia. Codcast Italia lo sa, per questo di mestiere scrive e parla conto terzi con l’obiettivo di essere ascoltati e compresi. Ci ispiriamo al modello di comunicazione diffuso in questi ultimi anni da TED (Technology, Entertainment and Design), un modello basato su storie speciali, storie che vale la pena di raccontare, che lasciano un dono a chi le ascolta, qualcosa che possa portarsi via, e le costruiamo, le storie, tenendo in considerazione i due cervelli presenti nella testa di ognuno di noi.

  Codcast Italia: per chi non avesse voglia di calcolare 17x24.
GRUPPO
Il gruppo è il contenitore in cui è possibile avviare dialoghi di lunga durata. Per convincere le persone a fare qualcosa, per guadagnare la fiducia e il rispetto delle persone serve tempo. E' davvero molto raro che un messaggio, nuovo, mai sentito prima, ci convinga ad agire al primo contatto. Questa superficialità del rapporto messaggio-persona è uno dei più grandi limiti del digital: è facile raggiungere un numero elevato di persone, ma è molto difficile raggiungerle ripetutamente, quasi impossibile instaurare un dialogo. I social media creano facilmente molti contatti fugaci.

“tempo”
  Noi di Codcast, consapevoli del caos che regna nel web, ci siamo da tempo specializzati nelle gestione delle complesse dinamiche dei gruppi. Confidiamo nella possibilità di isolare le persone in gruppi e di renderle partecipi e reattive coinvolgendole in progetti seri, fattivi e utili. Un gruppo coeso, motivato e indirizzato verso un obiettivo di comune soddisfazione possiede una forza esplosiva: lo sa bene ogni allenatore sportivo. Ecco, Codcast allena gruppi al conseguimento di obiettivi. Per riuscire in questo compito utilizziamo le nostre competenze in materia di scienze comportamentali, come fa, magari istintivamente, qualunque bravo coach.

“coach”